Il Tunnel Borbonico è una delle tante ricchezze del sottosuolo partenopeo che troppo spesso vengono dimenticate dagli stessi napoletani: la città greco-romana sotterranea, le catacombe di San Gennaro o il vecchio cimitero delle Fontanelle, sono relativamente da poco assurte alla noterietà di cittadini e turisti che spesso con diffidenza vi si avvicinano per poi rimanere giustamente colpiti dalla loro suggestione ed il loro interesse culturale. E' davvero da poco (meno di un anno) che, per l'appunto, è stato aperto al pubblico questo tunnel che serviva alla casa reale per raggiungere con le carrozze, senza attraversare la città, palazzo reale dalla riviera di Chiaia. Negli anni '40 fu poi utilizato come rifugio antiaereo, quindi come doposito di macchine dalla polizia, infine come parcheggio, utilizzo, quest'ultimo, ripristinato alla recente riapertura, che però vede gran parte degli spazi destinata ad eventi e visite guidate.
Non poteva, perciò, esserci location più indicata delle grotte tufacee che costituiscono gli anfratti di questo imponente passaggio sotterraneo, per rappresentare i tre ritratti di donne appartenenti alla mitologia classica, attraverso gli scritti di autori che partono da Omero ed i tragici greci fino a narratori e drammaturghi che nel novecento ne hanno perpetuato il mito. Da un'idea di Luca De Fusco, il regista Bruno Garofalo ha creato una sorta di itinerario della memoria in cui l'attrice Giovanna Di Rauso ha dato vita, in tre differenti percorsi, alle figure di Arianna, Elena ed Antigone, suscitando grande interesse nel pubblico che ha affollato, nei limiti che le norme di sicurezza permettevano, le molteplici repliche delle "Variazioni sul mito", grazie alla costruzione drammaturgica di Monica Centanni e Daniela Sacco. "Arianna ed il Labirinto", "Palinodia per Elena" e "Antigone, nozze di morte" sono tre monologhi in cui le tre eroine tragiche si raccontano, le loro vite sono già state attraversate dagli avvenimenti, tutto già è avvenuto, e loro ricordano rivivendo in una sorta di confessione introspettiva a cui il pubblico è chiamato ad assistere. Giovanna Di Rauso è un'Arianna che vive, quindi, l'innocenza con la consapevolezza della passione incestuosa, un' Elena soduttrice e schiava del suo potere sessuale sugli uomini, un'Antigone che vibra di passioni politiche e di mortali presagi. Ottimo l'apporto dei musici Anna Cefalo e Massimo D'Avanzo, che eseguono brani elaborati dall' ensemble Da Anaan, ed accompagnano il pubblico in questo viaggio nel passato, o, meglio, nella memoria ancestrale. Le tre donne sono interpretate dalla Di Rauso con grande piglio drammatico, e, a nostro avviso, risulta perfettamente calzante la sua interpretazione di Elena, personaggio controverso, quasi sempre condannato dai suoi autori in una figura da "malafemmina" dannata, a cui l'attrice, invece, dona un'inedita umanità. I costumi di Mariagrazia Nicotra rispettano l'iconografia classica, utilizzando il bianco per l'innocenza virginale di Arianna, il rosso per la passione erotica di Elena ed il nero funebre per il dolore di Antigone, intensificando le differenze caratteriali ed umane delle tre donne. Le scenografie naturali sono di grande suggestione ed impatto visivo, da mozzare il fiato, grazie anche al notevole apporto registico, che si avvale di illuminazioni indovinate, mai invadenti, che sottolineano ed arricchiscono, a volte anche solo con l'utilizzo di candele e incensi. Insomma un progetto che risponde a pieno alle sue ambizioni e che meriterebbe di essere riproposto, magari anche con altre personaggi, in maniera stabile, per far si che questo del festival non sia un episodio occasionale per napoletani e visitatori.